Quando l'Italia chiamò in Africa Orientale

Dalla creazione di una coscienza coloniale al processo di autodeterminazione razziale: come gli italiani sono stati spinti a occupare il Corno d'Africa

Come afferma lo storico Francesco Filippi, il colonialismo è un fenomeno storicamente complesso.
Infatti, la ricostruzione storiografica della vicenda coloniale in Italia è stata fatta con molto ritardo e, soprattutto nel primo periodo, poca partecipazione.
Non è un evento della storia contemporanea su cui ci si sofferma particolarmente, soprattutto in ambienti scolastici e accademici, quindi spesso capita di interfacciarsi all'argomento con delle lenti sbagliate.
La retorica del "Noi gli abbiamo fatto le strade" che dipinge gli italiani come "colonialisti buoni" e meno brutali degli altri, passa ancora difficilmente in secondo piano.
Addirittura, al giorno d'oggi, digitando "colonialismo italiano" su Google si trovano fra i risultati maggiormente indicizzati portali che difendono le spedizioni di conquista e sottomissione.

Questa analisi, dopo aver fornito un quadro generale sui viaggi d'Oltremare italiani, analizza l'immagine che i governi, principalmente quello fascista, propongono alla popolazione della penisola per incentrare le spedizioni, le quali in un primo momento sono molto distanti dagli italiani.
Per analizzare questo periodo storico è importantissimo tenere a mente che il colonialismo non è altro che nazionalismo su proiezione internazionale. Dunque per comprenderlo pienamente non si può prescindere dal ricondurlo alla diffusione e al successo del pensiero nazional patriottico e alla nascita della società di massa.

Nel 1882 l’Italia, allora guidata da Depretis, acquista il suo primo porto in Eritrea, la Baia di Assab. Da quel momento in poi gli italiani cercano di espandersi nel territorio: conquistano Massaua nel 1885, ma già nel 1887 vengono bruscamente sconfitti a Dogali dall’esercito abissino.
Successivamente, sfruttando le tensioni interne al territorio, allora diviso in porzioni e amministrato da diversi ras, l’esercito italiano riprende l’espansione e stipula nel 1889 il Trattato Uccialli.
Nel 1896, l'esercito italiano viene nuovamente e definitivamente sconfitto dall'esercito etiope nella Battaglia di Auda.

Dal 1889 la Somalia diventa un protettorato italiano. Sfruttando la frammentazione e mala gestione del territorio nel 1908 l'Italia la annette a tutti gli effetti la porzione settentrionale come colonia.
La Somalia si rivelò da subito una terra poco redditizia, era molto ampia e poco organizzata, infatti per gli italiani spingersi nelle aree più interne risultò estremamente difficile.
Solo nel 1925, riuscirono ad annettere anche l'Oltregiuba, concessa dalla Gran Bretagna per pagare i suoi debiti di guerra.

Dal 1889 in poi, l'Italia e l'Etiopia avevano mantenuto relazioni complessivamente amichevoli, addirittura nel 1928 firmarono un trattato di pace ventennale. Tutto questo cambiò nel 1930, quando Mussolini decise di preparare un attacco a sorpresa per conquistarla.
Il pretesto per l’inizio della mobilitazione dei soldati è riconducibile all’episodio di Ual Ual del 1934. Così il 3 ottobre gli italiani entrarono in Etiopia senza dichiarazione di guerra, ma con la missione di civilizzarla e garantire all’Italia un posto al sole. Il 5 maggio del 1936 l’esercito fascista riesce ad entrare vittorioso nella capitale, Addis Abeba.
Mussolini istituisce così l'Impero dell'Africa Orientale Italiana.

Nonostante l'esercito italiano avesse conquistato la capitale, gli scontri non si placarono. C'erano infatti alcune aree che non erano sotto il controllo italiano: questo favorì l'intervento di gruppi interventisti etiopici.
L’impero ebbe comunque vita breve, già nel 1941 solo grazie all’aiuto di un modesto esercito inglese, l'Etiopia e l'Eritrea vennero strappate dalle mani di Mussolini, mentre la Somalia venne inizialmente occupata dai britannici per poi essere definitivamente tolta all'Italia nel 1960.

Durante l’Ottocento, nonostante si affermava e consolidava sempre di più l’idea di Nazione, quindi la volontà di creare dei confini sempre più netti fra quelle che erano ancora solo delle aree geografiche, le operazioni coloniali, avviate ormai dal 1492, non si placarono. In realtà, la riuscita dell’imposizione su un nuovo territorio cominciò ad essere sempre più utile a dimostrare la supremazia di uno Stato, e risultavano estremamente rappresentative di quelle che erano le teorie su cui il nazionalismo si basava.

Dalla seconda metà dell’800 il termine colonialismo si fa sempre meno nitido in favore di imperialismo.
Le neonate nazioni europee iniziano infatti a creare dei veri e propri imperi composti da domini in tutto il mondo.
Questo periodo è anche molto significativo perché anche gli Stati che in passato non si erano lanciati in spedizioni d’oltremare cominciano pian piano a sentire l’esigenza di dimostrare la loro forza.
L’Italia è esattamente una di queste, ma la retorica coloniale attecchirà solo una ventina di anni dopo l’unificazione del 1861, questo perché, contrariamente alle altre potenze, non era ancora matura a livello politico e non abbastanza sviluppata da poter disporre delle finanze necessarie per una tale operazione, che prevedeva infatti grandi investimenti in termini di uomini, armi e rifornimenti.

La pulsione coloniale italiana si concretizzerà effettivamente, e definitivamente, con l’ascesa di Mussolini, il quale non percepiva l’espansione limitata a una "presenza economica", quindi alla possibilità di lucrare sulle nuove terre destinandole al trasferimento degli italiani in cerca di fortuna, ma la trasformò in una vera e propria azione politica, spinto dalla retorica della civilizzazione dei popoli inferiori e dalla riscossa del posto al sole per gli italiani.

La costruzione del consenso

“Il processo di affermazione dei nazionalismi nel corso dell’Ottocento aveva rafforzato la produzione e il conseguente consumo di una pubblicistica razziale da una parte rafforzando (e non di rado costruendo di sana pianta) tradizioni nazionali e sentimenti di appartenenza comune, dall’altra – con identiche finalità – escludendo nemici e stranieri.”

Il sentimento di distanza dagli altri è qualcosa che gli italiani masticano già da tempo, ciononostante il processo che gli avvicina alla volontà coloniale non sarà così immediato.
Per costruire una coscienza coloniale in Italia risultò fondamentale il contributo delle Società Geografiche e quelle Coloniali, che comparvero nella Penisola, come nel resto d’Europa, nel corso dell’800. A questi enti lo Stato affidò il ruolo di “vettori della penetrazione”, grazie a loro andò quindi a crearsi un’ideologia coloniale, originata da un programma di nazionalizzazione di massa che mirava a far sentire il senso di unità, quindi creare una coesione politico-sociale a prescindere dalla differenza di classe.
L’origine del movimento coloniale è infatti riconducibile all'azione di tali organizzazioni, soprattutto grazie al coinvolgimento attivo nei viaggi esplorativi e la conseguente diffusione di resoconti di viaggio, fotografie, romanzi, che contribuirono a creare curiosità attorno alla questione esotica e coloniale, e l’intervento scolastico attraverso il quale si inserirono insegnamenti inerenti al colonialismo nelle scuole e università.

Quella che viene messa in moto è comunque una macchina propagandistica che contribuisce alla nascita di una “invenzione iconografica dell’Africa”, vengono infatti diffuse immagini stereotipate, cariche di razzismo e sessismo, ma che forniscono agli italiani un'immagine ben precisa del continente che prescriverà il loro comportamento.

Edizione del 27 dicembre 1936 de "La Domenica del Corriere"

Edizione del 27 dicembre 1936 de "La Domenica del Corriere"

Mussolini sulle tracce dell'Impero Romano

Come si osserva nella timeline soprastante, i primi tentativi di colonizzazione dell'Africa Orientale risultano fallimentari.
Sarà Mussolini a dare una vera e propria svolta all'operazione, sia in termini pratici, istituendo proprio l'Impero dell'AOI, che in termini teorici, raggiungendo anche tutti gli italiani che fino a quel momento erano ostili alle spedizioni africane.
Quello che Mussolini promette agli italiani, cavalcando comunque l'onda di quanto fatto dal movimento coloniale, è la creazione di una nuova Italia e una nuova idea di italiano.
L’immagine che propone al popolo è proprio quella del ripercorrere i passi dell'Impero Romano: come in passato si assistette a una “romanizzazione” del Mediterraneo, adesso la penisola ha la possibilità di "italianizzare" l’Africa Orientale.

cartolina

Cartolina celebrativa della conquista dell'Impero: le frasi sono brani di discorsi pronunciati da Mussolini

Cartolina celebrativa della conquista dell'Impero: le frasi sono brani di discorsi pronunciati da Mussolini

Convoglio italiano alla stazione di Gibuti, in attesa di imbarcarsi per Addis Abeba

Convoglio italiano alla stazione di Gibuti, in attesa di imbarcarsi per Addis Abeba

L'immagine studiata delle colonie

L'utilizzo strategico dei mezzi di comunicazione è qualcosa che avviene sistematicamente durante il periodo Fascista.
Si pensi ad esempio alla radio, strumento che diventa protagonista nella politica di Mussolini.

In diverse occasioni e certamente durante la campagna coloniale, il coinvolgimento mediatico delle masse è intriso di messaggi propagandistici.
Le idee che raggiungono e smuovono l'animo degli italiani sono ben studiate dal Regime, il quale si mostrerà fedele e coerente con i principi cardine del colonialismo:
- L'idea di essere superiori e invincibili
- Dimostrare la propria supremazia in tutti i sensi e tutti i contesti
- L'idea che agli italiani tutto era concesso
- La possibilità di un'ascesa sociale

Di seguito si illustrano gli effetti di questa ideologia.

Da dove nasce la concezione di superiorità delle razze bianche? In questo video viene illustrata la nascita delle teorie di razzismo scientifico

Da dove nasce la concezione di superiorità delle razze bianche? In questo video viene illustrata la nascita delle teorie di razzismo scientifico

L'esercito invincibile

Partire per una spedizione coloniale, quindi una "missione civilizzatrice" prescriveva il senso di superiorità, costruito tramite la propaganda e varie teorie scientifiche, che accompagnava la coscienza degli italiani.
La spedizione coloniale risultava in questo senso anche l’occasione per sfoggiare la propria supremazia, sia sui territori indigeni che si voleva sottomettere, che sulle altre potenze rispetto alle quali l’Italia si sentiva indietro.

L’Italia, soprattutto per volontà di Mussolini durante il fascismo, mise in campo tutte le forze di cui disponeva, la spedizione del 1935 risultò infatti onerosissima e rappresentò anche la prima occasione di sfoggiare l’aeronautica.
Dal canto suo l’esercito etiopico, nonostante non fosse dotato di un apparato bellico tecnologicamente avanzato come quello italiano, grazie alla sua conoscenza del territorio, in diverse occasioni mise a dura prova i soldati fascisti.

Per restare fedele alla retorica coloniale che aveva creato, la quale non contemplava la possibilità di perdere contro un popolo inferiore, Mussolini, sollecitato dai generali Badoglio e Graziani, decise di spingersi oltre, utilizzando i gas asfissianti, vietati dopo la Grande Guerra, e sfruttando l’aviazione al massimo per bombardare interi villaggi con l’iprite.

Ragazze che ballano la danza del ventre nella Somalia Italiana, Esposizione di Torino 1911

Ragazze che ballano la danza del ventre nella Somalia Italiana, Esposizione di Torino 1911

Virgin land of virgins: L'harem dove tutto era concesso

“Il colonialismo popolare «incoraggia una visione del mondo peculiarmente (per non dire sgradevolmente) maschile. […] [Il colonialismo] stesso era una provincia esclusivamente maschile; come tante altre corporazioni professionali del XIX secolo, esso vedeva se stesso e il proprio oggetto attraverso lenti sessuali. Ciò è ben evidente negli scritti di viaggiatori e romanzieri: la donna delle terre colonizzate è quasi sempre una creazione delle fantasie di predominio dell’uomo; esprime una illimitata sensualità, è più o meno stupida e, soprattutto, disponibile”. (E. Said, Orientalismo)

Fin dalla conquista dell’Eritrea, vengono diffuse in Italia una serie di immagini in linea con quella che McClintonck definisce porno-tropic tradition. Era frequente trovare sui giornali, sulle cartoline e nei racconti di viaggio la descrizione della venere nera, immagine stereotipata che riduceva la donna africana a un’entità carica di esotismo e erotismo, sempre disponibile a mostrarsi nuda.
La rappresentazione stereotipata della donna africana porta con sé tutto il peso dell’inferiorità femminile, moltiplicato per l’inferiorità razziale.

Questo tipo di rappresentazioni, che "erotizzavano la conquista delle terre vergini attraverso la femminilizzazione delle stesse", erano scelte proprio per creare un’idea di harem coloniale che avrebbe incentivato i cittafini a raggiungere la nuova Italia. Ma la concezione di questa libertà, che si intersecava a quella di superiorità, risultò estremamente tossica.
Sono sterminati gli episodi di violenza legati all’idea costruita su base di queste narrazioni, in quel periodo gli italiani che abitavano la colonia diedero sfogo alle loro fantasie sfruttando la legittimità di concubinato ma anche la superiorità razziale che non gli avrebbe puniti nell’aggressione di un’indigena, una non cittadina.

Mappa dell'Asmara, 1929

Mappa dell'Asmara, 1929

Portare civiltà quindi italianità

La presunzione di superiorità e di imposizione sulle popolazioni indigene era anche avvalorata dalla superiorità tecnologica che seguendo la retorica de “il fardello dell’uomo bianco” doveva servire a portare modernità e civilizzazione nelle terre d’Oltremare.
Gli italiani non mancarono di dimostrare la loro supremazia “concedendo” infrastrutture, reti ferroviarie e insediamenti urbani. Tutte queste scelte, per quanto in linea con la “filosofia di civilizzazione” erano il biglietto da visita per dimostrare la grandezza e le capacità tecnologiche al resto del mondo, inoltre risultavano essenziali per facilitare la colonizzazione, quindi inglobando più terre in meno tempo.

Tutte queste scelte erano anche volte a garantire un ambiente quanto più ospitale possibile per gli italiani stessi che si trasferivano nella “nuova Italia”. L'ambizione era proprio quella di creare ambienti esclusivamente italiani, per rimarcare la separazione e la diversità.
Si assiste a un vero e proprio processo di italianizzazione degli spazi, molto visibile nell’ambiente urbano. Ne è un esempio Asmara, spesso definita “la piccola Roma” per via della grande presenza di edifici governativi, bar, teatri strade e piazze italiane.

In questo video Paolo Macchia, docente di Geografia Culturale all’Università di Pisa, illustra l’importanza dello studio degli spazi urbani nella ricostruzione delle vicende storiche. In particolare, analizza le città coloniali dell’Africa Orientale Italiana comparandole alla città di fondazione fasciste e ricercando gli elementi ideologici nei siti colonizzati.

La Farmacia Centrale in quello che fu il Corso del Re, oggi Avenue Nakfa, di Asmara

La Farmacia Centrale in quello che fu il Corso del Re, oggi Avenue Nakfa, di Asmara

Fiat Tagliero. Stazione di servizio in stile futurista completata nel 1938

Fiat Tagliero. Stazione di servizio in stile futurista completata nel 1938

Cinema Roma. Costruito nel 1937

Cinema Roma. Costruito nel 1937

Cinema Dante

Cinema Dante

Interno della piscina Mingardi

Interno della piscina Mingardi

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La Farmacia Centrale in quello che fu il Corso del Re, oggi Avenue Nakfa, di Asmara

La Farmacia Centrale in quello che fu il Corso del Re, oggi Avenue Nakfa, di Asmara

Fiat Tagliero. Stazione di servizio in stile futurista completata nel 1938

Fiat Tagliero. Stazione di servizio in stile futurista completata nel 1938

Cinema Roma. Costruito nel 1937

Cinema Roma. Costruito nel 1937

Cinema Dante

Cinema Dante

Interno della piscina Mingardi

Interno della piscina Mingardi

La promessa di una scalata sociale

L'Oltremare veniva rappresentato come il luogo di elevazione sociale di grandi masse popolari.
Era infatti da sempre riconosciuto come lo spazio che avrebbe assorbito il problema della crescita della popolazione e della conseguente disoccupazione.

Questo era un aspetto estremamente importante, e che ancora una volta riusciva a "tenere uniti gli italiani" nelle loro diversità, poiché lo spostamento coinvolgeva tutte le classi sociali.

In un discorso del 1935 Mussolini pronuncia queste parole "la possibilità di espandersi per un popolo prolifico, il quale, avendo coltivato il coltivabile sulla propria terra spesso ingrata, non si rassegna a morire di fame". E ancora in un altro nello stesso anno "Al mio primo segnale i nostri soldati dell’Africa Orientale scambieranno di buon grado il fucile con la zappa" andando a insitere sulla valorizzazione agraria che gli abili italiani avrebbero permesso.

La realtà però fu diversa: le colonie italiane, che fra le altre cose erano fra le più circoscritte geograficamente e più povere, non rispecchiarono le aspettative promesse dalla propaganda, soprattutto per i cittadini più poveri, quelli che con un termine inglese molto evocativo possiamo definire poor white.

Il flusso migratorio era controllato dallo stato fascista, il quale si accorse ben presto che il modello di italiano da mandare in colonia, a parte i soldati, doveva rispecchiarsi in un modello ben definito.
Era infatti essenziale appartenere a una classe sociale che permetteva di avere una base economica, in maniera tale da popolare l'Impero di fascisti socialmente in grado di sottomettere gli altri.

Così il sogno di un Impero per tutti, svanisce molto in fretta, i pochi italiani che riescono ad arricchirsi hanno successo nel settore industriale, a discapito delle attività africane.

Etiopi che fanno il saluto fascista davanti a un ritratto di Mussolini, Mekelle 1935

Etiopi che fanno il saluto fascista davanti a un ritratto di Mussolini, Mekelle 1935

Il colonialismo e noi

Il colonialismo è stato una lotta di massa, di genere, di sesso, di conquista, sottomissione e possesso. Spesso ha generato anche la convivenza e la condivisione fra persone e culture diverse, si pensi agli spazi, le case, le città, agli affetti, ai figli nati in colonia.
Ciononostante, l'imposizione del modello italiano, che ha sicuramente lasciato le sue tracce, e lo si osserva ad esempio nella geografia, non è giustificabile.
Nessuno di questi interventi è stato veicolato dalla bontà d'animo. E'invece frutto di teorie, idee e obblighi "del passato", che hanno formato e segnato generazioni di persone, che sono state portate ad agire.

Il colonialismo è un crimine, e riconoscerlo è essenziale.
Lo studio della storia ha un potere fortissimo che mai potremo sottovalutare, soprattutto in un mondo in cui l'imposizione culturale del modello occidentale ha ancora un ruolo potente e determinante sulle scelte geopolitiche.

Proprio per questo, è importante ricordare e riconoscere quelle che sono state le nostre responsabilità.
La divulgazione in questo senso è una grandissima alleata, e fortunatamente continuano ad esserci progetti, convegni e iniziative che si occupano di aiutarci a non dimenticare.

Bibliografia
- A. M. Banti, (2009), L'età contemporanea. Dalle rivoluzioni settecentesche all'imperialismo
- E. Said, (1978), Orentalismo
- F. Surdich, (1979), Espansione coloniale ed organizzazione del consenso
- G. Monina, (2002), Il consenso coloniale : le Società geografiche e l'Istituto coloniale italiano (1896-1914)
- G. Rochat, (1973). Il colonialismo italiano
- G. Stefani, (2007), Colonia per maschi
- V. Deplano, (2015), L'Africa in casa

Sitografia
- C. Volpato, La violenza contro le donne nelle colonie italiane (consultato a febbraio 2023)
- N. Poidimani, "Faccetta nera”: i crimini sessuali del colonialismo
fascista nel Corno d’Africa (consultato a febbraio 2023)
- M. Pandolfo, La Somalia coloniale: una storia ai margini della memoria italiana (consultato a febbraio 2023)
- G. Podestà, Da coloni a imprenditori: economia e società in A.O.I. (consultato a marzo 2023)
- Anna Maria Rossi, Il razzismo tra pseudoscienza e pregiudizio (consultato a marzo 2023)
- L. Cossu, Il colonialismo italiano. Intervista a Valeria Deplano (consultato a marzo 2023)
- G. Barrera, A. Triulzi, G. Tzegai, Asmara. Architettura e pianificazione urbana nei fondi dell'IsIAO (consultato a marzo 2023)